Simona, Roma

La famiglia di Simona è romana da generazioni. E da generazioni la parola ospitalità è scritta nel suo dna. Quando ripercorre da dove sia arrivata questa sua predisposizione alla condivisione, Simona solleva le sopracciglia, alza l’indice e pare sfogliare i ricordi, per tornare ragazza. Allora ripensa alle spaghettate di mezzanotte dei genitori con amici e vicini di casa, a quella borghesia romana che negli anni Sessanta celebrava la ripresa economica italiana, la dolce vita; e, prima ancora, ai racconti sul dopoguerra, alle case dei romani che nei primi anni Cinquanta aprivano le porte per i lavoratori del Sud Italia venuti a cercare fortuna nella capitale; alla condivisione, dunque, come risorsa storica per costruire futuro, dopo le crisi peggiori, ieri come oggi.

Non è un caso, allora, se proprio a casa di Simona, nel quartiere prossimo alla città antica, Monteverde, ha mosso i primi passi la comunità degli appassionati di home sharing della Città Eterna. Da tempo Simona ama scambiare e dispensare consigli e idee con gli altri host Airbnb,  organizzare pranzi fra amici e incontri, ama fare comunità. “Dovete chiedere in giro com’è la pasta e fagioli di Simona…”, dice, con una certa dose di divertimento. Il suo primo suggerimento agli altri host è quello di agire con impegno nei confronti dei propri ospiti, ma sempre attraverso gesti semplici. Il risveglio, per esempio: la tavola è già pronta alle 7 e il profumo di caffè che Simona prepara, come ogni giorno, fa da sveglia per l’intera casa, invitando gli ospiti a unirsi alle chiacchiere del buongiorno. Un impegno e un semplice gesto di cortesia fatto con piacere. Lei li chiama “Piccoli segreti di Grande ospitalità”. Recentemente Simona ha condiviso la sua esperienza anche sul palco del festival Airbnb Open, a Los Angeles. Un galateo di buona ospitalità.

“Bisogna spogliarsi del senso di proprietà” racconta lei, 72 anni, home sharer da più di 6, “e vivere il piacere della condivisione. Io non tengo niente di chiuso a chiave. Chi è mio ospite può leggere i miei libri, può cucinare con me, può trovare un’amica se ne ha voglia, può entrare in contatto con le mie idee e la mia quotidianità. Così le persone si innamorano della casa, perché io mi fido di loro e loro di me, e di conseguenza della città che li ospita. E il rapporto non finisce, quando si chiude la porta. Prosegue: con le recensioni, con le email, con le lettere, con Facebook. Magari con un nuovo viaggio, dove io divento guest a mia volta. Alla mia età, ogni volta, riesco ancora a chiedermi: ‘Chissà come sarà, chissà chi arriva questa volta’”.

Poche settimane prima di incontrarla nella sua casa romana, Simona aveva compiuto gli anni. Ogni anno,  viene abitualmente sommersa di auguri dai suoi guest, che le mandano messaggi, piante e regali. Dall’Argentina alla Cina, dall’Australia alla Germania, insomma dal mondo intero. “L’home sharing aiuta a non essere soli, a scoprire mondi, a uscire dal provincialismo. Alla fine ti dimentichi di essere un host, sei una cittadina del mondo. Sei più felice”.